WWCOTY: una giuria mondiale di sole donne è necessaria?
18.03.2024 - in

WWCOTY: una giuria mondiale di sole donne è necessaria?

Per fare il punto su quello che il settore dell’auto sta facendo per gli automobilisti bisognerebbe considerare le esigenze di tutte le persone, tra cui: donne, uomini, giovani, anziani, persone con disabilità, esperti alla guida e non.

Ad oggi a mettere sotto la lente di ingrandimento quello che esce dalle catene di produzione ci pensa il Women’s Worldwide Car of the Year: la giuria di esperte del settore premia l’auto mondiale dell’anno e lo fa da 14 anni grazie alla fondatrice Sandy Myhre (giornalista pluripremiata e prima donna e presidente della NZ Motorsport Media Association).

Ai tempi nessuna professionista era coinvolta in giurie mondiali e lo squilibrio andava compensato con una voce comune in un settore dove da sempre domina il gender gap”, commenta Marta Garcia, Presidente esecutivo.

WWCOTY

Oggi sono ben 75 le giornaliste selezionate nel settore a rappresentare 52 paesi nel mondo. Il WWCOTY si focalizza più che mai sui prodotti dei carmakers: su quanto siano qualitativi e inclusivi.

WWCOTY: un confronto globale nel mondo auto

Per creare un confronto globale, il Women’s Worldwide Car of the Year raduna tante personalità che lavorano da anni nel mondo dei motori: dall’India all’Europa, dagli Stati Uniti al Brasile, fino a paesi come gli Emirati Arabi Uniti e il Pakistan – dove l’ultima giornalista, arrivata quest’anno, è anche l’unica professionista del settore nel territorio – sono in grado di capire come cambia quotidianamente la situazione sia sul fronte auto che sul fronte gender/automobilista/consumatore.

Nel gruppo ci sono briefing tecnici e pratici e scambi di opinioni su tanti temi – dalle novità a quattro ruote dall’economia, alle politiche green – oltre a confronti sulle politiche D&I.

E’ ormai noto, infatti, che non includere le donne – rispetto agli uomini a parità di esperienza – nei processi di ideazione e sviluppo di un progetto è a tutti gli effetti una perdita di ricchezza per un brand: la mancata possibilità di valutare punti di vista diversi e così di avere un prodotto più completo e raggiungibile a tanti automobilisti.

WWCOTY: è inclusione, non femminismo

WWCOTY_giurate

Un processo, quello dell’inclusione 50-50, che molte aziende ancora non hanno avviato nell’automotive, nonostante il bias dell’acquirente automotive (uomo, capofamiglia, fruitore unico) sia ormai alle spalle da tempo.

Il concetto, ad ogni modo è ben chiaro a tutti, specie ai marchi che giocano a livello globale, sempre più attenti a non inciampare e a rivolgersi ad una platea eterogenea, specialmente in questo momento così delicato per la mobilità.

Dunque, se c’è chi le giurate del Women’s Worldwide Car of the Year le vede come un gruppo di fanatiche che lavorano per far sentire la propria voce in un ambiente che non le ha mai considerate abbastanza, c’è anche chi ha capito che è fondamentale ora riequilibrare il settore: per entrare in empatia con tanti tipi di automobilisti.

KIA, ancora al primo posto

Quest’anno ad aggiudicarsi il titolo è la Kia EV9. Un primato che i coreani si aggiudicano per la seconda volta consecutiva, dopo lo scorso anno con Kia Niro.

“L’auto ha avuto la meglio su tutte le altre 62 candidate perché è un veicolo in grado di soddisfare le esigenze dei consumatori di tutto il mondo“,

ha commentato Marta Garcia, la presidente WWCOTY.

Vincere il WWCOTY per un marchio significa aver commercializzato l’auto candidata almeno in due continenti, battersi prima per la supremazia nel proprio segmento, poi tra le migliori di tutte le categorie.

“Riesce a salire al primo posto solo chi lavora sodo contemporaneamente in tanti comparti”,

conclude Garcia.